Oggi andremo a parlare della tanto spaventosa BENTONITE!
Con il temine bentonite si intende uno degli agenti chiarificanti più utilizzati, è una forma di argilla che viene estratta in varie parti degli Stati Uniti (i cui depositi in Wyoming costituiscono il 70% dell’approvvigionamento mondiale noto) oltre a Grecia, Giappone e Italia. Non deve essere confuso con la farina fossile, che è un coadiuvante di filtrazione e non un agente chiarificante.
La bentonite, o montmorillonite, è un’argilla allumino-silicata formata da ceneri vulcaniche, le cui piccole particelle acquisiscono una carica negativa quando disperse nel vino e sono quindi ideali per rimuovere le molecole proteiche caricate positivamente.
Il vantaggio dell’utilizzo della bentonite è che non c’è un pericolo di eccessiva chiarifica, a ciò si aggiunge il fatto che ha un forte potere di adsorbimento e può ridurre la componente del “frutto” presente nel vino sia nell’aroma sia nel sapore.
Forma inoltre un deposito voluminoso dal quale è difficile recuperare il vino, per cui un uso eccessivo comporta uno spreco dello stesso.
CHIARIFICHE E FILTRAZIONI
La prima domanda che il bevitore curioso deve porsi è se sia necessario o meno effettuare delle chiarifiche o delle filtrazioni prima dell’imbottigliamento. Come ci spiega il nostro amico David Bird, nel suo libro Understanding wine Technology. “Un vino nuovo appena uscito dalla fermentazione non è una bevanda gradevole. Le cellule di lievito lo intorbidiscono, ha un odore di umido e di decomposizione, può causare gravi problemi intestinali se bevuto in quantità.
Eppure sotto questa coltre oscura si nasconde l’embrione di una bevanda intrigante, piacevole e salutare (in dosi moderate!).
Tempo al tempo…
Tutto ciò che è necessario è una graduale eliminazione delle sostanze che nascondono la vera natura del vino.
Avendo tempo a disposizione l’illimpidimento del mosto avverrebbe in modo naturale, ma un intervento attento e applicato con perizia può abbreviare questo periodo”.
Il vino è una miscela complessa di sostanze naturali, molte delle quali sono in costante stato di cambiamento. Nonostante le moderne analisi e l’applicazione di trattamenti sia antichi sia moderni, il vino in bottiglia talvolta contiene materia solida, in sospensione o depositata sul fondo.
I depositi potrebbero essere proteine o cristalli di tartrato, entrambi componenti naturali del vino, o potrebbero essere il risultato di reazioni tra i vari minerali presenti, o tra le proteine e i tannini.
Una cosa di cui possiamo essere certi è che i depositi sono innocui. Nel vino gli organismi nocivi non possono prosperare, a causa della presenza di alcol e acidi.
Bevitori consapevoli e non
Mentre i bevitori di vino esperti accettano volentieri, e addirittura si aspettano, depositi in bottiglie di vino pregiato, la stragrande maggioranza dei consumatori si aspettano che il vino sia brillante fino all’ultima goccia.
Una piccola parte della qualità di un vino si perde ogni volta che il vino è maneggiato o trattato e questo è scuramente un peccato.
Il principio di una buona vinificazione dovrebbe essere il trattamento minimo e l’interferenza minima, un principio noto come vinificazione a “basso intervento”.
Tuttavia, per soddisfare le esigenze della maggioranza dei bevitori sono disponibili trattamenti e additivi per ridurre la presenza di depositi.
Questi trattamenti hanno lo scopo di produrre un prodotto stabile che rimarrà limpido nella bottiglia e permetterà al consumatore di scolarlo fino all’ultima goccia.
È importante distinguere tra gli additivi che rimangono nel vino fino al consumo e quelli che dovrebbero essere considerati coadiuvanti tecnologici. L’aggiunta di questi ultimi ha lo scopo di reagire ed eliminare dal vino alcune sostanze che successivamente ne causerebbero instabilità.
La sostanza aggiusta è eliminata durante questo processo insieme al costituente naturale, pertanto non è presente al momento del consumo del vino e non deve essere considerata un ingrediente.
I coadiuvanti tecnologici non dovrebbero essere inclusi in un elenco degli ingredienti (sempre che ciò diventi obbligatorio). Purtroppo è molto difficile dimostrare che non rimanga una sola molecola di coadiuvante nel vino al termine del processo, ed è sbagliato affermare che i vini chiarificati con derivati animali siano adatti ai vegetariani e ai vegani.
Chiarificazione (vini bianchi e rosati)
Il mosto appena pressato contiene notevoli quantità di sostanze solide, per lo più detriti cellulari delle bucce, che se non rimossi possono causare sapori sgradevoli nel vino. Pertanto, la chiarificazione è diventata la norma nella maggior parte delle aree produttrici di vino del mondo.
Tuttavia, il grado di chiarificazione fa parte in gran parte della competenza dell’enologo. C’è il pericolo di entusiasmarsi troppo per la chiarificazione, poiché le particelle solide sono nutrienti per i lieviti perché hanno adsorbiti sulla loro superficie aminoacidi, minerali e vitamine (si noti che adsorbito indica un’attrazione superficiale, in contrasto con assorbito, cioè distribuito all’interno del corpo del solido, un po’ competenza dell’enologo.
C’è un rovescio della medaglia a questa facilità di chiarifica, poiché le particelle solide che vengono catturate sono i nutrienti per i lieviti e normalmente vengono adsorbiti sulla loro superficie: aminoacidi, minerali e vitamine (si noti che adsorbito indica un’attrazione superficiale, in contrasto con assorbito, cioè distribuito all’interno del corpo del solido, un po’ come una spugna).
La completa rimozione di queste particelle può ridurre il valore nutritivo del mosto a tal punto che il lievito ha difficoltà ad avviare la fermentazione. Per una corretta chiarifica è necessario conoscere l’uva e il mosto e sapere quanto questi siano ricchi di nutrienti.
Altri metodi sostitutivi alla chiarifica con bentonite:
Decantazione
La decantazione (débourbage) è il metodo tradizionale utilizzato in tutto il mondo, il mosto viene lasciato riposare per 12-24 ore o anche di più. Durante questo tempo le particelle affondano sul fondo della vasca.
Questo è un periodo piuttosto lungo per lasciare il mosto in uno stato non protetto. Non si può velocizzare in quanto la gravità non è una forza forte e le particelle non sono molto dense e cadono piuttosto lentamente. La protezione data dall’anidride solforosa durante questo periodo è fondamentale, perché non solo agisce come antiossidante ma riduce anche l’attività di lieviti e batteri.
Per lo stesso motivo il mosto viene spesso raffreddato sotto i 15°C, cosa che rallenta sia l’attività batterica sia l’eventuale ossidazione. Allo stesso tempo, sarà maggiore l’ossigeno che si scioglierà nel vino raffreddato, fattore favorevole al rapido avvio della fermentazione.
Centrifugazione
Una centrifuga è una macchina costosa basata su un tamburo conico rotante che gira a velocità molto elevate e può separare i solidi dai liquidi mediante la forza centrifuga. La centrifugazione è un metodo moderno utilizzato nelle grandi cantine per abbreviare notevolmente il periodo di chiarificazione. Un grande tino può essere chiarificato in una o due ore.
La centrifugazione può essere applicata in qualsiasi fase della vinificazione in cui sia necessaria una chiarificazione.
Ad esempio prima della fermentazione, dopo la fermentazione per rimuovere le cellule di lievito o dopo la chiarifica per rimuovere il deposito. Tuttavia, i nuovi produttori considerano la centrifuga uno strumento impattante che può causare danni al vino o al mosto, quindi è necessaria cautela nel suo utilizzo.
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