L’acidità rappresenta una componente fondamentale del vino, garantendone la vitalità e contribuendo significativamente alla sua complessità sensoriale. Un vino privo di acidità è considerato praticamente “morto”. Questo elemento non solo migliora l’aspetto visivo del vino, conferendogli riflessi vivaci e colori intensi, ma gioca anche un ruolo cruciale nel definirne il gusto, offrendo una piacevole sensazione di freschezza.
Quali sono gli acidi presenti nel vino?
Nel contesto della classificazione degli acidi nel vino, è comune distinguere tra acidi prefermentativi e postfermentativi. Gli acidi prefermentativi sono presenti nel mosto prima della fermentazione, sintetizzati naturalmente nella pianta e trasferiti al vino durante la vendemmia. Al contrario, gli acidi postfermentativi si sviluppano durante la fermentazione, derivando da altri acidi o alcoli metabolizzati dai lieviti o batteri attivi durante questo processo.
Acidi pre-fermentativi
Gli acidi prefermentativi sono presenti nell’uva al momento della vendemmia, costituendo metaboliti naturali coinvolti nei cicli vegetativi e altre reazioni interne della pianta. Tra questi, l’acido tartarico e l’acido malico sono i più predominanti, rappresentando oltre il 90% degli acidi presenti nell’uva. Mentre l’acido tartarico contribuisce alla durezza del vino, l’acido malico, con il suo gusto aspro, può essere ridotto tramite conversione malolattica per conferire al vino una maggiore morbidezza.
Acidi post-fermentativi:
Durante la fermentazione, conservazione e invecchiamento del vino, si formano gli acidi post-fermentativi. Questi contribuiscono alla complessità aromatica. L’acido lattico, risultato della conversione malolattica, conferisce una morbidezza al gusto, questa conversione si ha soprattutto nei vini rossi ma non solo. Al contrario, l’acido acetico, formato durante la fermentazione e in piccole quantità dalla malolattica, contribuisce all’acidità volatile e richiede una gestione attenta per evitare impatti negativi sulla qualità del vino.
Cosa è l’acidità del vino?
Gli acidi organici contribuiscono in modo determinante alla composizione, alla stabilità microbiologica e chimico-fisica ed alle qualità sensoriali dei vini, in particolare dei vini bianchi (Ribéreau-Gayon et al., 1982; Jackson, 1994). Le loro proprietà di conservanti conferiscono ai vini anche una migliore stabilità microbiologica e chimico-fisica.
I vini rossi, invece, reggono acidità più basse in quanto i composti fenolici in essi contenuti accentuano il gusto acido e contribuiscono alla loro tenuta all’invecchiamento.
L’acidità totale
L’acidità totale di un mosto o di un vino è l’espressione di tutte le specie acide presenti, dagli acidi minerali come l’acido fosforico agli acidi organici.
Il contributo di ogni acido all’acidità totale, quale che sia la sua classe di appartenenza, è determinata dalla sua forza, da cui dipendono sia il suo stato di dissociazione sia il suo stato di salificazione. Fra gli acidi organici, l’acido tartarico esiste nel vino in gran parte allo stato di ione bitartrato, che contribuisce ancora per una parte all’acidità totale.
L’acidità totale rappresenta il numero di milliequivalenti di base forte necessari per neutralizzare a pH 7 le funzioni acide di un di mosto o di un vino. Essa viene denominata anche “acidità di titolazione” o “acidità titolabile” e viene espressa in meq/L o g/L di acido solforico o di acido tartarico.
L’acidità volatile
L’acidità volatile costituisce un parametro chimico fisico da tenere attentamente sotto controllo nel corso dell’elaborazione di un vino. Anche se compresa nell’acidità totale, di cui però rappresenta una parte quantitativamente minore, essa determina sensazioni nettamente diverse generalmente giudicabili in senso negativo.
Il suo tenore è, a ragione, legato alla qualità del vino. In effetti un eccesso di acidità volatile, rilevabile facilmente alla degustazione, basta di per sé a far giudicare negativamente un vino. Il carattere sensoriale corrispondente ad una acidità volatile eccessiva, deve essere imputato ad una concentrazione elevata principalmente all’acido acetico.
Un vino a denominazione di origine controllata è commercializzabile se la sua acidità volatile non supera 0,9 g/L, espressa in H₂SO₄, ossia 1,35 g/L in acido tartarico e 1,1 g/L in acido acetico. I limiti massimi fissati dal Reg. CE 1493/99, salvo deroghe per alcuni prodotti, sono di 18 meq/L (1,08 g/L di acido acetico) per i vini bianchi e rosati e di 20 meq/L (1,2 g/L di acido acetico) per i vini rossi. L’origine principale dell’acido acetico, che, come abbiamo visto, è il costituente principale dell’acidità volatile, è fermentativa.
La fermentazione alcolica di un mosto conduce normalmente alla formazione nel vino corrispondente da 0,2 a 0,3 g/L di acidità volatile espressa in acido solforico (da 0,24 a 0,37 in acido acetico e da 4,1 a 6,1 in meq/L).
La presenza di ossigeno favorisce sempre la formazione di acido acetico. Questo acido si forma all’inizio della fermentazione alcolica, ma anche verso la fine, se questa subisce anomali rallentamenti. Allo stesso modo si osserva un aumento dell’acidità volatile, nel corso della fermentazione malolattica di un vino.
I valori elevati in modo anomalo di acidità volatile sono dovuti, tuttavia, all’intervento dei batteri lattici anaerobi, quando essi decompongono gli zuccheri residui, l’acido tartarico o il glicerolo. I batteri acetici aerobi formano anche acido acetico, ma per ossidazione dell’etanolo.
La sensazione acida deve essere associata, invece, alla presenza in un vino dell’estere etilico dell’acido acetico, l’acetato di etile, che è un prodotto del metabolismo dei batteri acetici aerobi.
L’acidità fissa
L’acidità fissa di un vino è ottenuta per sottrazione del valore dell’acidità volatile da quello dell’acidità totale. Dato che l’acidità totale rappresenta la totalità delle funzioni acide libere e l’acidità volatile le funzioni acide volatili libere e salificate, l’acidità fissa dovrebbe comprendere, a rigore, le funzioni acide libere degli acidi fissi più le funzioni acide salificate degli acidi volatili.
Acidità e Orange wine
Un vino bianco macerato, orange wine, generalmente viene prodotto quando l’uva è a piena maturazione. Durante il suo processo di maturazione si ha un aumento della componente zuccherina e un calo della componente acida.
Il processo di macerazione riguarda la buccia dell’acino, quindi è fondamentale che le componenti che qui si trovano, tannini e antociani, siano pienamente maturi sennò si rischia di estratte note “verdi” o non gradevoli. Questo si ha quando la stagione maturativa è avanzata, si va così incontro ad alto grado zuccherino e bassa acidità. Il vignaiolo deve scegliere quando vendemmiare in maniera ragionata, in funzione di ciò che vorrà ritrovarsi nel bicchiere un domani. Esattamente l’opposto di quello che andremo a cercare se volessimo produrre un metodo classico in cui è massima la ricerca di alti livelli di acidità a discapito della maturazione delle bucce che vengono subito separate dal mosto.
FAQ
Quali sono i vini più acidi?
I vini elencati di seguito fanno dell’acidità la loro caratteristica principe.
Asprinio D’Aversa (Campania), Blanc de Morget et de la Salle (VdA), Chablis (chi non lo conosce non può essere mio amico), Vinho Verde (Portogallo) e Sancerre (Loira orientale).
Queste sono alcune varietà che sviluppano livelli maggiori di acidità: Albariño (Rias Baixas), Aligotè (Borgogna), Grüner Veltliner (Austria o Sud Tirolo), Macabeo (Spagna), Riesling (Mosella e molte altre zone).
Come si fa a togliere l’acidità al vino?
Per togliere l’acidità ad un vino che risulta troppo aspro, si aggiungono sostanze che possono far precipitare gli acidi presenti o sostanze che li vanno a neutralizzare quindi comportandosi da base.
Quanto deve essere il pH del vino?
Il valore di pH, dato da non confondere con l’acidità, deve attenersi tra i 2,8 e 3,8. Ricordiamo che un vino (mosto) meno acido quindi con un pH più alto è più facilmente attaccabile dai microrganismi.
Quale acido viene aggiunto al vino per aumentare l’acidità?
Sono vari gli acidi organici che possono venire aggiunti a un mosto per variarne l’acidità e quindi il pH ma principalmente: A. malico, A. Lattico e Acido Tartarico.
Bibliografia
Trattato di enologia. Chimica del vino, stabilizzazione e trattamenti (Vol. 2) di Pascal Ribéreau-Gayon (Autore)
Trattato di enologia. Nuova ediz. Microbiologia del vino e vinificazioni (Vol. 1) di Pascal Ribéreau-Gayon (Autore)
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