Chi non li ama è solito dire che tutti gli orange wine hanno problemi e difetti, che sono ossidati e con un’acidità volatile molto alta, anche se questo non è assolutamente vero. Altrettanto non lo è dire che questo metodo di vinificazione del tutto privo di interventi esterni, produca vini senza difetti
Acidità volatile
Uno dei problemi maggiori nella produzione degli orange wine è quello dell’acidità volatile troppo alta. Questa (essenzialmente acido acetico) conferisce al vino sentori pungenti di aceto o di solvente per unghie. Questo rischio può verificarsi quando le bucce salgono verso la superficie della vasca di fermentazione, si seccano e vengono a contatto con l’ossigeno. Rimontaggi regolari o altre tecniche di gestione del cappello diventano quindi essenziali per evitare che ciò accada.
Detto questo, un pizzico di acidità volatile può risultare un pregio per il vino: è tutta una questione di equilibrio. Le vecchie annate del classico libanese Chateau Musar sono famose per i loro livelli di acidità volatile relativamente alti. I vini di Radikon usano la volatile come componente chiave per la sensazione di freschezza e vivacità. Nelle giuste proporzioni, può fare miracoli.
Brettanomyces
E un lievito inquinante, decisamente non gradito. che può svilupparsi durante la fermentazione con lieviti naturali. La sua presenza è meno probabile quando vengono usati lieviti selezionati, in quanto forti ed affidabili ed in grado di compiere il processo fermentativo molto più rapidamente rispetto ai lieviti naturali, inibendo tutto il resto.
Poiché la maggior parte degli orange wine fermenta spontaneamente, i brettanomyces possono rappresentare un vero e proprio problema. Tra l’altro, essi si annidano in profondità nei pori delle botti di legno e, una volta che una botte si infetta, non può più essere utilizzata.
Il brettanomyces, se presente in quantità lieve, viene identificato con sentori di chiodi di garofano o cerotto. In caso di forte contaminazione, si manifesta con odore di ala e di letame e può alterare irreparabilmente tutte le proprietà organolettiche del vino. Il termine cavallo bagnato non so perché ma viene sempre usato come descrittore dai sommelier “forti”, giusto per allontanare sempre di più le persone “normali”, e con questo temine intendo sane di mente, dal nostro amato mondo liquido.
Gusto di topo o souris
Poco conosciuto e spesso confuso con il carattere brett, il gusto di topo è un difetto di altro tipo che può svilupparsi in presenza di batteri lattici ma questi, a loro volta, possono finire nel vina insieme ai brettanomyces (noti anche con il nome di dekkera) e diventa difficile isolarli.
Il gusto di topo si sviluppa facilmente nei vini in cui il pH è alto (di solito significa che l’acidità è bassa) e in presenza di calore e ossigeno sufficienti. Basta una piccola insufflazione di solfiti per inibirlo, pertanto, questo problema tende a manifestarsi solo in vini prodotti senza l’aggiunta di questi.
Questo difetto è inodore e non è volatile, se il vino ha un pH normale. Quando si rileva ‘odore di topo”, si descrive di solito, consapevolmente o meno, la presenza di brettanomyces. Una volta in bocca, il vino si mescola con la saliva, il pH aumenta e, dopo circa 10-20 secondi, si manifesta il sapore disgustoso di “alito di cane” o “popcorn stantio”. In questo caso lo shock è tremendo, soprattutto in un contesto in cui si degustano molti vini in rapida successione e il colpevole potrebbe non essere facilmente identificabile.
Perdipiù, la sensibilità personale a questo difetto varia enormemente. Circa il 30% degli enologi non riesce a rilevarlo nemmeno a livelli elevati.
Va sottolineato che nessuno dei suddetti problemi interessa esclusivamente gli orange wine. Tuttavia, i vini prodotti con un intervento minimo e con livelli di solfiti molto bassi o nulli sono maggiormente a rischio.
Lascia un commento